Esercizi di Fotografia Consapevole #5
Quando
valgono le nostre fotografie? Chiedercelo è normale; rispondere è più
complesso soprattutto perché il termine valore ha molti significati e
il primo che gli viene dato, di solito, è quello economico. Perché in tal caso se non c’è molta urgenza, non c’è nemmeno molto valore.
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Esercizi di Fotografia Consapevole #4
Oggi
ho scattato una fotografia dei miei piedi che camminano. Ne avrò
un centinaio o forse più. A volte le scatto per caso - accendo
il fototelefono che stava proprio puntato per l’ingiù,
sull’inquadratura delle mie scarpe - altre invece le faccio
mentre cammino, intenzionalmente.
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Esercizi di Fotografia Consapevole #3
Quante
volte ho camminato sui marciapiedi di questa città! Credo di
averci consumato intere paia di scarpe eppure solo adesso, sotto a un
portico di via San Vitale, ho sentito l’esigenza forte di
rallentare e scattare delle fotografie alla pavimentazione del centro
città. E’ come se in questo luogo il Tempo avesse
dato alle distinte pavimentazioni il modo di accordarsi tra loro per trovare un’armonia
fra le parti che la compongono. Nel nuovo invece la combinazione mi arriva come
trascuratezza, freddezza e assenza di fascino. E’ chiaro che assieme a miliardi di
piedi anche la Vita è passata da qui mentre nella strada recente non ancora molta; ma non so dire se tutto si risolve solo in
questo fatto. E’ per tale motivo che vi invito a
fotografare uno stesso soggetto o oggetto, prima il vecchio e poi il nuovo, per
riflettere assieme su cosa si nasconda dietro alla pavimentazione del portico
di via San Vitale.
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Esercizi di Fotografia Consapevole #2
Non posso dire che La Street
Photography sia il genere che perseguo ma avvicinandomi a lei ho capito
che anche qui come in altra fotografia si scatta ciò che siamo,
ciò che conosciamo e dunque anche in ogni frammento del
quotidiano, in un contesto urbano, la Fotografia continua a seguire la
sua regola: essa è lo specchio di chi la produce. |
Esercizi di Fotografia Consapevole #1
Nel
1973 usciva il libro più bello di Gianni Rodari
“Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare
storie”. Questo saggio straordinario sviluppa il concetto del
Binomio Fantastico che Rodari ha ideato al fine di “mettere in
movimento parole e immagini". |
Se i Blog diventassero libri
Alcuni
Blog di fotografia danno spunti di riflessione, sono interessanti,
originali, ricchi di contenuti. Altri no. Stanotte ho sognato cosa
accadrebbe se fosse obbligatorio, per via di un’assurda legge,
dover tramutare i contenuti di tutti i Blog in tradizionali libri.
Parlo di quelli in carta, che si comprano nelle librerie o in rete.
Oggetti diversi fra loro ognuno con la sua grafica, la sua carta, una
propria rilegatura che seguirebbe ovviamente in maniera pedissequa, per
dirla in modo giovane, il mood del blog. |
Un pezzo di autoritratto
Talvolta
sento dire che “siamo così presi dal fare le fotografie
che non guardiamo più la realtà che ci circonda”. |
Quando il soggetto vale più del fotografo
Ricordo
numero uno: la mostra vista un anno fa a Bologna di Joel Meyerowitz
“Morandi's Objects” un’esposizione in cui le bottiglie ed altri
utensili che il noto pittore Giorgio Morandi usava per realizzare le
nature morte, erano fotografate singolarmente appoggiate sul tavolo di
studio dell’artista. |
La fotografia d'arte usatela senza cura
Stamattina
Facebook pubblicizza l’acquisto di una t-shirt con su scritta questa
frase: “Non ho bisogno di una terapia, ho solo bisogno di scattare
delle foto”. Divertente!, ho pensato, ma poi sono tornata incupita a
ragionare su quale disagio si potesse celare dietro a quella
dichiarazione. |
Non si vede la fotografia
Lui
fa il Deejay e lei è la sua fidanzata: lui mette su i dischi a una
festa anni '50. Tutto normale se non fosse che entrambi hanno più' di
70 anni. |
La fotografia di Pablo Neruda
‘Fotografare?
ok, ma bisogna anche sapere scrivere’. Questo avevo affermato tempo fa,
e assieme ai pareri favorevoli sono arrivati ovviamente anche i
contrari. Ecco alcuni di questi: |
Script PHOTOgraphy o del bisogno di una parola
Da
molto tempo ragionavo su un termine che potesse designare in modo
abbastanza preciso quel tipo di fotografia ben connessa alla scrittura |
IL MIO LIBRO DEI LIBRI (di fotografia)
In quest’epoca veloce che oggi stiamo attraversando, anche un Libro fotografico o un Saggio di fotografia
è costretto a seguire ritmi serrati: il volume esce, viene promosso e
recensito, lo si trova sui banchi dei librai per qualche mese e poi?
Dopo pochi mesi, anche il lavoro editoriale più apprezzabile cede il
posto agli ultimi nati e il libro “nuovo” diventa “obsoleto”. Solo a
volte, quando il suo contenuto è apprezzato, ed ha fortuna, seguita a
vivere grazie al prezioso passaparola dei suoi lettori; altrimenti si
perde, e una finestra di sapere si richiude su di sé. |
FOTOGRAFARE? BISOGNA ANCHE SAPER SCRIVERE
Ho ragionato, sperimentato e scritto
parecchio prima di affermarlo, ma sono ormai sicura che questo è uno
dei futuri più immediati per la Fotografia: un futuro che chiede con
forza all’autore di saper scrivere, di sapersi relazionare con le
parole. Una possibilità che si offre come “soluzione” alla marea
iconografica che ci invade ogni giorno e di cui gli occhi e i cervelli
delle persone sono ormai stanchi. |
CERCASI CRITICI CON ATTRIBUTI
Non date giudizi affettati su questa richiesta, ve ne prego.
Non è mia intenzione essere volgare. Per
attributi intendo qualità, esperienza vera, conoscenza e funzione specifica di
spettanza. Quel che cerco, in particolare, sono
persone capaci di eseguire letture del mio lavoro che non siano pervase
né da parole difficili su quel che ho fatto, né da loro giudizi, ma che
riescano a generare discorsi in grado di farmi pensare, di farmi venire dubbi o rafforzare le mie certezze;
di darmi nuovi spunti o permettermi connessioni che non avevo ancora
immaginato. Per crescere, per imparare, per andare avanti in modo migliore. |
INCONTRARE ME STESSA
Sono
in una caffetteria. Aspetto una persona. Fra poco arriverà, è questione
di minuti. Ma non è lei che aspetto; in realtà attendo ciò che porta
con se: un oggetto; fogli di carta cuciti fra loro; la prima copia del
mio ultimo manoscritto diventato libro. |
NIENTE DA DICHIARARE
Oggi
non so cosa scrivere; a dire il vero non so nemmeno cosa fotografare.
Non oggi. Da giorni non riesco a mettere in fila né immagini né
pensieri su questo foglio, e ciò mi inquieta, anzi, mi fa paura. Vuoto;
assenza; praticamente niente da dichiarare. |
POESIA VISIVA
Alla
mostra ci sono andata per due motivi: per il gran caldo e perché ero
curiosa di sapere se mi sarebbero piaciute le fotografie dell’autore. A
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FILTRI COME SINONIMI
Il
rapporto tra fotografia e scrittura mi affascina moltissimo. E’
qualcosa che studio da tempo mettendolo in pratica nei miei percorsi
personali di ricerca ed esperienza artistica che io chiamo Fotografia
consapevole. |
LA STORIA DEI NASTRI
Ho
iniziato un seminario di fotografia, tempo fa, lavorando su questi
nastri. I ragazzi dovevano mettere le mani in una matassa informe per
parlare delle sensazioni e dei ricordi e delle immagini che questo
gesto faceva scaturire in loro. Alcuni sono rimasti stupiti per questo;
forse si aspettavano di iniziare scattando o vedendo le fotografie di
altri, e “…quei
nastri vengono da un paesino di montagna, al confine con la Svizzera.
Una persona che non ho conosciuto ha voluto che li tenessi io. Essi
sono sempre stati ordinati in una scatola di legno, una di quelle
vecchie scatole del liquore che forse qualche vostra nonna ancora
conserverà. Amo i nastri, i pizzi e i merletti ed amo cucire e alcuni
li ho usati, con parsimonia, per cucire cose che uso. E’ stato così,
fino al 3 maggio del 2014, giorno in cui un’alluvione terribile ha
distrutto case, ucciso persone e ricordi e oggetti di mezza della mia
città: Senigallia. Un metro e venti di fango e detriti mi è entrato in
ogni ricordo, negli oggetti, negli scatoloni, sui ripiani, e anche
nella mia mente, distruggendo molte cose. La scatola dei nasti, quando
l’ho ritrovata, era piena di fango scuro e i merletti completamente
rovinati. Ma non poteva vincere il fango, ho pensato, no!. Così anche
se tutto era ormai fradicio, ho preso ogni nastro, l’ho lavato e
rilavato, l’ho profumato con cura, l’ho fatto asciugare al sole. Ho
promesso che il dolore di quel giorno sarebbe dovuto mutare nel doppio
della gioia; ho promesso che quei nastri non sarebbero stati cuciti da
nessuna parte, ma che sarebbero serviti in futuro per far nascere
qualcosa di buono, fino a che quel doppio della gioia fosse stato
soddisfatto. I nastri, durante questo seminario sono serviti per
connetterci a noi, per creare emozioni, per decorare anche qualcuno dei
vostri lavori. Vi siete impegnati per voi ma avete fatto una cosa
importante, senza saperlo, anche per me. Per questo vi ringrazio.
Durante le lezioni ho cercato di trasmettervi il concetto che
fotografare non vuol dire solo scattare, ma vivere; e la fotografia,
ora lo sapete, è anche in questa storia." |
ESPERIENZE TRAUMATICHE IN OFFERTA SPECIALE
Oggi ho rivisto le fotografie di Laura Hospes (tratte da 'UCP UMCG" laurahospes.com). L'autrice ha scritto che le piacerebbe, con questo suo lavoro, che il mondo sapesse cosa significa non riuscire più a vivere la propria vita
a causa della depressione. Sarà riuscita nel suo intento? Io dico no,
perché la fotografia è perlopiù lo specchio di chi la guarda, dunque
anche un osservatore che avesse vissuto l'incubo dell'ospedale
psichiatrico, come Laura racconta, non può capire che una piccola parte
di quel che viene espresso in fotografia. Ciò che spero è invece che
Laura sia riuscita a chiarire a se stessa cosa significa non riuscire più a vivere la propria vita.
Ho visto anche gli altri suoi lavori e non mi piacciono neanche quelli.
La sensazione che mi danno è… non so, è come se non avanzasse mai, come
se fosse ferma a osservarsi lo sguardo imbronciato, il suo corpo
arrabbiato e sofferente. |
PENSIERO
Non voglio pensare a come farmi venire buone idee in fotografia;
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IL LEONE NELLA GABBIA
Ieri
mi è tornata in mente la fotografia che ho avuto più paura di scattare
in vita mia: era il giorno del funerale di una persona cara, qualche
anno fa e la fotografia mostra persone che sorreggono la bara. |
MOBILE PHOTOGRAPHY Con la macchina fotografo; con il telefono prendo appunti visivi. Quante volte ho sentito questa frase che dichiara e riporta nella dimensione “ammissibile” la fotografia. Ma da oggi c’è la Mobile Photography che in italiano è la Fotografia Telefonica. E’ bello che il cellulare sia finalmente libero dai preconcetti della novità; meno bello è che ci voleva la dimostrazione di alcuni fotografi autorevoli (e un libro brillante*) per farlo. Mi chiedo poi: è un avanzamento il fatto che la fotografia sia stata ancora una volta ingabbiata in uno strumento con cui produrla, in un genere? Ho paura che chi fino a ieri ti ha chiesto se hai scattato in digitale o analogico, oggi ti chiederà se era una macchina fotografica o un telefono. Verrà il giorno in cui la fotografia non dovrà essere seguita da nessuna altra parola a sorreggerla, a dividerla in generi e tipi, ne sono certa, ma temo che dovremo crescere ancora un po’. Ciò che invece mi sembra evidente è che la Fotografia Telefonica ci ha fatto avanzare, eccome, ma in una direzione che sfugge ancora ai più. Ma questa, come diceva Michael Ende, è un’altra storia. * Il libri brillante è iRevolution di Irene Alison (Postcart 2015). Brava Irene! |
FARE CLICK SUL DOLORE Trovo giusto usare la fotografia per cercare consapevolezza, ma se il fine è la produzione di qualcosa da mostrare, il senso del percorso si perde! Invece molti lavori che vedo sembrano essere fatti “al contrario”: puntano sul "malessere" dell'autore, sulla sua difficoltà al fine di produrre qualcosa che possa essere considerato dal mondo dell’Arte; che possa essere notato, esposto e promosso. In questo modo il dolore serve a emergere e allora non mi piace. Il dolore dovrebbe servire a capire e la fotografia può aiutarmi a farlo se è il mio strumento. Tutto quello che accade dopo è altro. Può esserci come no. Posso mostrare quel che ho fatto ma tutto può restare anche nell’oblio. Quel che non so è come faccio a capire l'onestà degli autori. |
LIMITI
Usare il telefonino per fotografare mi
ricorda i miei limiti. Mi piace sapere che più di quello non posso fare, non
posso scattare. E’ una sfida contenere la frustrazione dell’impotenza;
arrabbiarmi nel sapere che non posso ottenere ciò che voglio, che non ce la
farò. |
NASCE IL MIO DIARIO DI FOTOGRAFIA CONSAPEVOLE
Oggi 1 dicembre 2015 rendo pubblico questo "Diario di fotografia consapevole". |
© SIMONA GUERRA |